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Enrico Prometti,
la grande bellezza
di una vita-opera

La spietata notizia mi ha raggiunto a Fossombrone, nella casa che conserva una grande opera di Enrico Prometti.
È il pavimento del cortile interno, completamente coperto da un dipinto di grande felicità inventiva e cromatica. Un quadro-pavimento con l'incanto energetico di un paesaggio di colori nel quale perdersi e sognare.
E posseduto come in sogno lui se lo era costruito attorno con i colori; completamente diverso dal bozzetto realizzato a Bergamo qualche mese prima su una pianta in scala.Perché quel luogo - quel cortile - aveva, con la fisicità della sua materia, acceso fantasie e sogni completamente diversi da quelli che può stimolare una gouache su carta. Era così con tutto e «tutto» era per lui occasione di elaborazione fantastica da manifestare in opere. E con ingordigia bambina voleva con sé qualunque cosa sollecitasse la sua immaginazione, gli insegnasse un modo nuovo di sognare.
Questo bambino intatto era custodito, con la poesia e la determinazione che solo i bambini sanno avere, nell'anima di un omone piuttosto timido e introverso, che usava se stesso per realizzare, in opere, quanto l'insaziabile immaginazione lo spingeva continuamente a fare.
Opere che l'uomo, l'adulto riflessivo e spesso dolente, si precipitava a fare con una sorta di ossessione lavorativa, all'inseguimento dell'irraggiungibile soddisfazione totale dei sogni del lui bambino. E quando dico opere uso la parola come la pensava Enrico: non solo i manufatti della produzione artistica, ma anche le azioni della vita come i grandi viaggi o, e con che peso, i rapporti con quelli di cui accettava la vicinanza. L'amicizia con lui non era sempre facile e poteva, a volte, essere irritante o ansiogena. Ma ancor più irritante e ansiogeno era, per Enrico, il rapporto con se stesso: con il conflitto fra la smisuratezza dell'immaginazione e la crudele limitatezza del realizzabile.

Molte e spesso di grande bellezza sono state le opere degli ultimi anni, ma la sua maturità riflessiva ne vedeva sempre più chiaramente lo scarto dai sogni e se ne incupiva.
Ora è dovere dei critici ponderare sulle opere di tutta una vita (una vita-opera conclusa in modo così perentorio).
lo piango un amico.

Walter Barbero

 

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