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arcani maggiori

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... e se un giorno la mia intelligenza mi abbandonerà - ahimè le piace fuggir via! - possa almeno il mio orgoglio volar via con la mia follia.

Friedrich Nietzsche

Nei Tarocchi ideati da Enrico Prometti sta scritta la sua vita. L'elaborazione degli arcani maggiori e del mazzo di carte, in molteplici versioni, ha occupato quasi trent'anni, registrando i sussulti esistenziali dell'artista, i suoi strappi interiori, accompagnando le sue cadute e i suoi entusiasmi, forse più le prime ....

Un lontano ricordo, che affonda le radici nell'infanzia, ha inciso nell'anima di Enrico la portata simbolica della cabala, come un registro di speranza, un retaggio di paganeggiante sollecitudine verso le orme del Destino, tracciate dai piccoli segnali della vita quotidiana. Da questa sollecitudine egli si è liberato con l'età adulta, conservando però la necessità antica di un sistema di riferimento, lentamente trasformatosi, nella sua coscienza, nel bisogno di riconoscere, e quindi rappresentare, una griglia di valori, tutti umani e interamente inscritti nella dimensione squisitamente antropologica della storia, che non esclude, ma certo non enfatizza, la portata del fenomeno religioso e cultuale, comunque laicamente interpretato. L'incontro con i Tarocchi, con gli abitanti di questo piccolo grande universo, icone dal volto fisso, logorate dal gioco e dall'enigma della divinazione praticati nei secoli, dalle corti tardo gotiche ai raffinati circoli esoterici dell'Ottocento, è valso a Prometti la convinzione che queste immagini conservassero ancora il loro potere e andassero piegate ad un racconto, ad una riflessione basata sull'esperienza della sua vita. Il recupero di un'antica iconografia è sfato quindi un viaggio introspettivo molto simile a un diario, a un esame di coscienza, arrivando a costruire un sistema grafico-simbolico in cui calare coordinate etiche utili alla difesa della dignità umana e dell'avventura esistenziale.

Paroloni, questi. che Prometti in realtà non condivide. Anche dove la simbologia creata raggiunge livelli cii raffinatezza quasi criptica, l'artista sottolinea con acuto spirito critico la semplicità e i limiti di questa sua filosofia disegnata: modestia inevitabile e giusta per chi, come lui, si è messo sulle tracce di un sapere molto complesso e consumato, anche se tradotto in forme "popolari". Enrico parla del lavoro che ha accompagnato praticamente tutto il suo percorso creativo come si trattasse di Wl balbettio del pensiero, un fantasma appena affiorante alla coscienza, ancora molto indistinto e vago davanti alle certezze introvabili che comunque la vita, ad un certo punto, reclama. Ma la forza profonda e il carico di tensione personale che i Tarocchi contengono restano grandissimi, tanto grandi che l'autore ha atteso fino ad oggi per renderli noti, velandoli di un pudore difensivo assoluto; fino ad oggi, quando forse ormai l'esorcismo praticato attraverso e su di essi si sta compiendo.

Attorno a questa somma di elementi simbolici personalizzati, nati da un dirompente impulso emotivo, che la ricerca di equilibrio (l'antica armonia dei Tarocchi) ha voluto e dovuto ingabbiare in un linguaggio necessariamente rigido e araldico, abbiamo deciso di lavorare insieme, partendo da un'esegesi diretta, da due lunghe conversazioni con l'autore, in cui abbiamo smontato il meccanismo simbolico e di memoria, tenendo in filigrana le immagini tradizionali e il loro significato, che certo non si può negare abbiano continuato ad agire sull'artista, in qualche misura. Confido che questa lettura, applicata alla serie centrale degli arcani maggiori, quella appartenente al mazzo più completo e elaborato, da considerarsi l'ossatura dell'intero complesso dei Tarocchi, sia utile a chi osserva, non solo come un gioco intelligente, ma come una breve summa di spunti che di Prometti rivelino il fantastico assemblaggio creativo, il serbatoio di immagini e (perché no?) la natura dell'uomo.

Quattro dei ventidue arcani maggiori sviluppano la simbologia della testa, propongono quale elemento figurativo di base il cranio, fra terio e antropomorfo. La scelta di questi quattro passaggi, nell'iter evolutivo costituito dal giro delle lame maggiori, non è certo casuale e traccia una fisionomia dell'io, una personale struttura psicologica, un autoritratto: l'arcano senza numero, il Matto, l'Eremita (n. 9), il Diavolo (n.15), il Mondo (n. 21). Nell'elaborazione Prometti rispetta qui sostanzialmente il messaggio della tradizione: la forza emozionale e creativa racchiusa nella carta del Matto, l'istinto vitale, talora distruttivo, espresso dal Diavolo, l'estraneità profetica e la solitudine dell'Eremita si contrappongono, si mescolano, si combattono e armonizzano in vista di una pacificazione che ponga l'individuo in rapporto di conoscenza e di amore con l'universo che lo circonda; il Mondo, l'ultimo degli arcani maggiori, è infatti la meta di un viaggio immaginario, una piccola cosmologia dell'anima.

Ogni simbolo, all'interno delle singole carte, enuncia e riconferma la dualità fra istinto c ragione, fra pulsione e misura. Nel cranio faunesco del Matto, con grande barba allusiva al bisogno di saggezza e controllo, Ull cavaliere in arcione avanza reggendo fra le mani strumenti o utensili di ambigua decifrazione, terminanti da un Iato con una punta, come armi, dall'altro con una sfera, quasi fossero misuratori di equilibrio: la follia, che sa travalicare e combattere il, luogo comune, creando nuove prospettive alla sapienza e alla percezione, può trascendere, se non debitamente controllata, nella pazzia più devastante e rovinosa, nella dissociazione dell'io. La sfera, che è tra le forme geometriche primarie più ricorrenti nella trama simbolica dei Tarocchi di Prometti, appare sin da questo primo arcano come lo scrigno del!" energia essenziale.

L'Eremita porta negli occhi due farfalle, la sua figma è imprigionata nei ceppi di un volontario isolamento: è l'uomo in rapporto intimo con la Natura, ma è anche il rischio che la nostra vita passi, nella dimensione dell'effimero, nell'arco punti fanne di un solo giorno, senza che la contemplazione e il distacco si traducano nelJ"agire. La solitudine necessaria al coinvolgimento dell'essere con il mondo creato risulta speculare al pericolo di una sterile emarginazione, che tale coinvolgimento arriva a negare: la piccola sagoma umana inscritta sulla fronte dell'Eremita vive di un triste e precario pencolare, senza ormai possibilità di dialogo con il perduto e lontano paradiso terreste che pur la circonda.

Dal cranio fiammeggiante del Diavolo si levano i fumi della sua violenta trasgressione, del suo disprezzo per le regole, alla ricerca di un ordine migliore, che questa dirompente forza di l'ottura non saprà trovare, non saprà volgere in vera conoscenza se non appellandosi a una superiore saggezza: il volto, di valenza simbolica ancipite, ha ancora il mento barbuto. Infine il ricomporsi degli opposti nella carta del Mondo, e del principio maschile e femminile, grande metafora del travaglio spirituale, morale, intellettuale dell'uomo: globi e pianeti roteano nel geometrico e cristallizzato frazionarsi dello spazio; sulla fronte del microcosmo, fattosi macrocosmo, due angeli o due rnetafisici esseri alati si stringono in amplesso sorreggendo LUl calice o un sacro elemento carnoso allusivo alla vita, che porta al suo apice un rubino preziosissimo, e che indica verso un fiore, in realtà LUla combinazione di forme vegetali, animali, cellulari, e di uno stilizzato sesso femminile, che si libra quasi a volo nella mente dell'uomo-universo.

La mediazione che l'uomo è chiamato ad attuare fra Naturale e Soprannaturale si esprime nell'arcano del Mago (n. 1 ), che nella tradizione assume spesso il nome e le sembianze del

fabbrile Bagatto. Nella prima versione il Mago, figura possente, che esibisce nel segno di un copricapo spettacolare tutta la forza dei suoi poteri, tiene davanti a sè, su un tavolo, strumenti ancora una volta molto simili a forme organiche e animali, ma tra queste compare il piombo del costruttore, il simbolo di una capacità pratica e fattiva di realizzazione, che rende concrete le potenzialità immense donate agli esseri umani, e non solo certo sul piano dell'illusionismo creativo e artistico: il Mago, si ricordi, che qui appare in paludamenti si direbbe sacerdotali, possiede nella lettura tradizionale anche questo valore negativo di inganno e mistificazione. La seconda versione dell'arcano accentua il rapporto di mediazione tra il mondo fisico e le energie del profondo: alla personificazione della "magia", intesa come sovrabbondanza di qualità umane asservite all'illusionismo, si contrappone un affascinante creatura, tra il feto e la mummia, che dal nero di un pozzo si affaccia a rivelare un segreto, un grande evento, ed è la sua stessa forma a travalicare il presente, collegando un passato remotissimo con il futuro. Esplicitata nelle due frecce direzionali che attraversano la testa del Mago, la scelta tra la finzione, l'utilizzo egoistico del proprio potere spirituale, e la conoscenza interiore del mistero che avvolge la vita umana ripropone una concezione dualistica della realtà e l'esistenza di un continuo discrimen di ordine morale.

Polarità positivo-negativo che si riaffaccia anche nelle quattro figure seguenti, simmetricamente disposte, a sviluppare il concetto di autorità.

La Papessa (n. 2) si discosta in modo particolare dalla tradizione, assumendo un significato profondamente dissacrante: immersa per metà in una vasca che richiama l'acquasantiera, la Papessa è virago dotata di organi genitali ibridi, colta nell'atto in cui si fa aguzzina del pesce-Cristo. A questo principio femminile negativo, di un dogmatismo persino crudele, risponde, con accentuazione del rifiuto per la religione-potere, la figura maschile del Papa (n. 5), uno degli arcani più complessi e più forti, più "scandalosi", creati da Prometti, giocato sull'estremismo di una sferzante ironia. Sul capo del Papa, personificazione di tutti i totalitarismi religiosi, dei fanatismi e degli integralismi, ma anche del vizio mascherato e nascosto, compare la Croce, con il Cristo squartato, alzato come bandiera utile al controllo sociale, veicolo all'utopia strurnentale (per Prometti l'incarnazione è soltanto questo, oltre che un topos antropologico), che vuole ricondurre l'uomo a una natura divina. In mezzo agli occhi del Papa un personaggio si fa custode del pulpito, quindi del luogo della parola, mentre la bocca è a un tempo voragine dentata, armata inquisizione, ed effeminato orifizio che insuffla in una grande tromba: da questa, capovolta, emerge una mostruosa donna nuda, con la testa staccata.

Illustrazione di principi positivi, femminile e maschile, sono invece l'Imperatrice (n.3) e l'Imperatore (n. 4). La donna-regina, fertile generatrice, ideale complemento alla vita dell'uomo, è dotata di membrane che le consentono di captare e capire oltre le apparenze; il suo corpo forte, dalla muscolatura scandita, è percorso da fenditure aperte a farsi penetrare e fecondare, in senso fisico, ma soprattutto merafisico, intellettuale e spirituale; con una forcella la donna cattura e tiene fra le mani, davanti al volto, come arcano simulacro, un pipistrello, il simbolo dell'intuito, di chi avverte e comprende nel buio. Il compagno è l'uomo della forza positiva: fra le mani regge uno scettro magnifico, il suo manufatto, il simbolo del suo potere buono, che sa manipolare la Natura a suo piacimento, ma per il bene; le sue possenti articolazioni portano frutti e sono fertili del suo vigore.

Se la carta degli Amanti (n. 6), che nella tradizione significa il passaggio e la scelta tra due stili di vita, è, nell'interpretazione di Prometti, praticamente priva di simbologia, raffigurando semplicemente l'unione fisica e la fusione spirituale fra l'uomo e la donna, rappresentati nel massimo della loro energia vitale, il Carro (n.7) torna ad assumere significati personali e stratificazioni di immagini molto più complesse: il cavaliere, con testa vegetale, allusiva ad un elemento morbido, umido, monta un cavallo dalle forme miste, avanza grazie alla sua fantasia. alla pura invenzione, ma il suo cammino è imprigionato in un carrello inserito su binari, che va inesorabilmente, ormai sganciato dalla sua motrice, nella direzione opposta. Il percorso, il movimento, si arretra ed inverte; il cavaliere fugge, e nella fuga riesce a salvare una piccola leggiadra sirena a due code, simbolo antichissimo della femminilità dolce e dell'acqua, riaffiorato quasi inconsapevolmente nell'immaginario dell'autore. L'arcano è molto importante nel percorso introspettivo di Prometti, riassume la stridente contraddizione tra il fare artistico e le costrizioni esistenziali, un senso acuto di morte e di fallimento, di frustrazione, ma anche il ripetersi di un miracolo, che è la purezza e la vitalità della sirena, condotta in salvo nella memoria e nella coscienza del cavaliere.

È affidato agli arcani della Giustizia (n. 8) e del Giudizio (n. 20) il momento della valutazione morale. La Giustizia è inesorabile ponderazione dei fatti, quasi implacabile, talora cieca misurazione: l'arcano porta scritti sul braccio destro i suoi codici inequivocahili e misura con un metro la figura riversa, dalle membra forate, di un Cristo-uomo. Il Giudizio è invece attività globale superiore del pensiero, che quindi attinge a risorse spirituali elevate. La figura è alata; sotto di essa, su un cuscino trilobato, un calice, elemento simbolico sempre riconducente a qualcosa di sacro, contiene un diamante purissimo, la quintessenza dell'autorità morale; fra le mani l'angelo impugna un oggetto che nella sua forma ricorda sia il compasso della misurazione sia la cesoia del pastore, cioè uno strumento particolare, atto a compiere un gesto delicato e forte, sperimentato nei secoli, quindi segnale di una specifica e finissima conoscenza, la sola che può fondare il vero giudizio. L'angelo è uccello, creatura che vede dall'alto, la sua testa è duplice, come completa è la sua consapevolezza, attraversata dalla freccia direzionale della scelta.

Si riafferma negli arcani successivi la divergenza tra istinto e ragione, tra materia e spirito, tra l'imponderabile e la volontà umana.

L'arcano della Ruota della fortuna (n. 10) deve evocare la buona sorte, Ia buona riuscita delle azioni umane, non per destino o fatalismo, ma per volontà e capacità. E una carta che riassume nel simbolo della mano la sua portata di valori pratici e fattivi: nella mano i molti piccoli scomparti richiamano alle varie attività dell'uomo e alla sua saggezza; al centro un anemometro, strumento di misurazione del vento, che è la forza più devastante della Natura, ma consiste di nulla, ed è l'antitesi della mano stessa, che si fa, nell'azione, quasi sismografo degli eventi interiori, mezzo di registrazione delle risorse naturali ed umane.

La Forza (n. 11) è esibizione muscolare, esasperazione anatomica, ma la figura è in atto di aprire un forziere, una torre contenente sfere di varie grandezze, simbolo del segreto che si cela sotto l'epidermide delle cose; la figura sta in bilico su una struttura a treppiede, a significare il suo instabile equilibrio e la necessità di armonizzare il principio dell'energia brut» con il suo utilizzo a fini conoscitivi e spirituali.

E nel Penduto (n.12) che si riassume tale disarmonia: l'uomo scomposto nella disgregazione delle sue parti, è ridotto all'impotenza quando le forze che lo sorreggono e che lo fanno agire vanno in direzioni diverse, distruggendolo. Ma anche così imprigionato in se stesso, il Penduto riesce a salvarsi, a compiere un gesto di minima razionalizzazicne del suo stato: sfruttando il poco spazio di azione che gli è rimasto egli misura con le mani il pavimento, come i I suo corpo fosse divenuto un compasso. Una delle sue scarpe è scarpa da giullare, come a di re: puoi scegliere, se qulesta condizione di schiavitù morale debba durare per sempre e fare di te un buffone, oppure se vuoi ritrovare, pur nella soggezione in cui ti trovi, la tua dignità di uomo.

Con l'arcano n.13 arriviamo al passaggio della Morte: è forse l'immagine sulla quale Prometti si dichiara più dubbioso; la carta ha subito infatti molti cambiamenti nelle varie versioni e anche oggi l'autore la sente incompleta. L'aspetto antropo-rneccanomorfo della figura, che regge il simbolo della svastica (sole, vita) e porta al centro una forma di clessidra, con granelli scorrenti, allude alla trappola, logica crudele e benefica a un tempo, del ciclo naturale e esistenziale, dell'ingranaggio che macina i giorni e le ore, il ruotare delle sfere, in un'eternità che non conosciamo e che non ci appartiene. In questo ciclo si gioca la nostra sfida e tutto il carico vitale che dalla morte può e deve scaturire.

Tra gli arcani più affascinanti dal punto di vista formale c'è la Temperanza (n.14). La donna della trasmutazione e del sacrificio talora inutile diventa una presenza asessuata, pesantissima nelle sue membra, che avanza da molto lontano, bilanciandosi con una poderosa asta; cieca e senza volto, ma vitalissima e risoluta, inarrestabile, il suo peso fisico e il pericolo del suo incedere non le hanno impedito di attraversare una struttura delicata e fragile, trasparente come il diamante. Non esistono, nei Tarocchi di Prometti, carte realmente negative, non la Morte, peraltro arcano di rigenerazione anche nella lettura tradizionale, non il Diavolo, non la Temperanza, nemmeno la Torre (n.16), luogo della solitudine volontaria, condizione esistenziale indispensabile alla creazione artistica.

Nella Torre si intravedono i bagliori di una fornace; la struttura è aperta, a voler significare ancora la necessità di una continua alimentazione dello spirito in dialogo con il mondo esterno, per restituire, fuori dal crogiuolo dell' anima, fuori dali' antro in cui si forgia e in cui matura il frutto faticoso del pensiero: una figura umana, quasi un antico Ciclope, spinge un'immensa sfera verso l'apertura della torre, verso l'alto.

Prima di raggiungere il Mondo, dove ricompaiono elementi antropomorfi, il ciclo comprende tre arcani astrali, di pura meditazione sulle forme del cielo, di contemplazione sulla loro simmetria, la loro miracolosa rispondenza, dove Prometti abbandona qualsiasi riferimento di carattere morale, per realizzare un omaggio alla perfezione che, inspiegabile, ci trascende. Le Stelle (n. 17), protagoniste della tenebra, leniscono la nostra paura del buio, tracciano segnali di conoscenza nell'oscurità della notte, disegnati nell'infinita, incommensurabile logica dello spazio cosmico, una logica che l'uomo deve percepire come amica, come una dimensione velata altrettanto importante nella sua evoluzione quanto la chiara luce solare. E se la Luna (n. 18) intreccia in magico arabesco i suoi quarti e le sue fasi, le scansioni astrali del tempo che più si incarnano nella nostra vita, involvendo nel suo ritmo circolare il simbolo di Tanit, la punica divinità femminile, il Sole (n.19) snoda i suoi raggi, quasi dite occhi spalancati, sul percorso dell'infinito matematico, svolge le sue grandi spirali di energia sullo sfondo di un immortale propulsore,

"1 Tarocchi fanno allusione a tutto ciò che è immaginabile", scriveva Oswald Wirth nel 1924, nel volume rimasto fondamentale sull'interpretazione degli arcani quali ci vengono consegnati dal passato. "La caratteristica del simbolismo consiste nel rimanere suggestivo, indefinitamente: ciascuno vi scorge ciò che la sua potenza visiva gli permette di percepire". E ancora: "'A seconda del punto di vista prescelto.,lo stesso simbolo può illuminarsi in modo contraddittorio. "

Pur partendo da icone che agivano nel suo immaginario, ed evitando una preliminare, approfondita conoscenza della simbologia, Prometti ha voluto creme un sistema che parzialmente scardinasse dall'interno quello che avvertiva come il rigore della tradizione. Di fatto l'apparato simbolico, nato da esperienze e riflessioni personali, spontaneamente si inserisce nelle grandi coordinate della cosmologia espressa dagli antichi Tarocchi, come l'analogia e la rispondenza dei contrari, attivo e passivo, maschio e femmina, secco e umido, razionale e mistico, cui si aggiungono morte e vita, male e bene, spirito e materia, e soprattutto, quale dicotomia particolarmente sentita, istinto e ragione., eccesso ed equilibrio, lacerazione e armonia del tutto.

L'obbiettivo di una controsimbologia puntuale, che potrebbe apparire velleitario, è stato solo in parte raggiunto, ma questo è già un importante risultato, proprio perchè Prometti non rinnega, e forse senza rendersene completamente conto, lo spirito della più intelligente meditazione sui Tarocchi tradizionali, piccola enciclopedia dal linguaggio fluido e, appunto, "suggestivo"; un linguaggio che, pur nato in questo caso dal pensiero e dai sentimenti diun solo uomo, esce dal suo segreto per non sottrarsi all'interpretazione e stratificazione di significati, che altre individualità e psicologie, in altre epoche, potranno operare.

Ottobre 1994
Maria Grazia Recanati

 

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